Un nuovo studio rivela che lo scioglimento dei ghiacci in Antartide potrebbe celare un significativo processo climatico che influenza il modo in cui il pianeta immagazzina il carbonio. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Climate Change e ripresa da Science Daily, fa luce sul ruolo critico dell’Oceano Australe nel regolare i livelli globali di anidride carbonica (CO₂).
Il ruolo chiave dell’Oceano Australe
Secondo gli scienziati dell’Alfred Wegener Institute (AWI), l’Oceano Australe assorbe attualmente quasi la metà di tutte le emissioni umane di CO₂ immagazzinate negli oceani, circa il 40% del carbonio totale catturato dai mari del mondo. Gli oceani agiscono come un’enorme spugna, assorbendo circa un quarto di tutta la CO₂ che gli esseri umani rilasciano nell’atmosfera ogni anno. L’Oceano Australe, in particolare, è una delle più importanti difese naturali contro il cambiamento climatico, grazie a un lento processo noto come circolazione termoalina. Le acque fredde e dense assorbono CO₂ dall’aria e sprofondano, mentre le acque più vecchie e profonde risalgono, rilasciando parte del carbonio immagazzinato.
Il mistero del carbonio mancante
Per decenni, gli scienziati si sono interrogati su uno dei principali misteri della scienza climatica: perché l’Oceano Australe continua ad assorbire grandi quantità di CO₂ nonostante il riscaldamento globale. I modelli computerizzati, infatti, prevedevano che il cambiamento climatico avrebbe dovuto indebolire la sua capacità di stoccaggio. Ci si aspettava che i venti occidentali, resi più intensi dal riscaldamento, mescolassero maggiormente gli strati oceanici. Questo processo avrebbe dovuto portare in superficie le acque profonde cariche di carbonio, riducendo la capacità dell’oceano di assorbire nuova CO₂. Tuttavia, i dati del mondo reale degli ultimi decenni hanno mostrato pochi segni di tale declino.
La scoperta del “tappo” di acqua dolce
Il team dell’AWI ritiene di aver finalmente trovato la risposta. La loro ricerca ha scoperto che lo strato superiore dell’Oceano Australe è diventato significativamente più dolce e meno salato negli ultimi anni. Questo fenomeno è causato dallo scioglimento dei ghiacci, dei ghiacciai e da un aumento delle precipitazioni. Quest’acqua più dolce e leggera sta creando una sorta di “tappo” nascosto sulla superficie dell’oceano, aiutando a intrappolare la CO₂ in profondità. Questo processo, noto come stratificazione, impedisce alle acque profonde, ricche di carbonio, di risalire e rilasciare il gas nell’atmosfera.
Un equilibrio delicato basato su dati decennali
Utilizzando i dati raccolti in quasi 50 anni di spedizioni marine, dal 1972 al 2021, i ricercatori hanno monitorato i cambiamenti a lungo termine nella chimica e nella circolazione dell’Oceano Australe. Hanno scoperto che, a partire dagli anni ’90, il confine tra le acque superficiali e quelle profonde è diventato più netto e forte. L’acqua dolce proveniente dallo scioglimento dei ghiacci ha ridotto la salinità dello strato superficiale, rendendolo meno denso e rafforzando la barriera tra i due strati, mantenendo così la maggior parte del carbonio bloccata in profondità.
Uno scudo protettivo che non durerà
Sebbene questo fenomeno abbia temporaneamente rafforzato la capacità di stoccaggio del carbonio dell’Oceano Australe, gli scienziati avvertono che questo equilibrio è fragile e potrebbe essere di breve durata. La situazione potrebbe non durare per sempre. Gli stessi potenti venti occidentali, che si sono intensificati a causa del riscaldamento globale, stanno ora spingendo le acque profonde cariche di carbonio più vicino alla superficie. I ricercatori stimano che, già dagli anni ’90, il limite superiore di questo strato profondo sia risalito. Con l’intensificarsi del cambiamento climatico, venti più forti e correnti mutevoli potrebbero mescolare gli strati oceanici in modo più vigoroso. Tali cambiamenti potrebbero invertire il ruolo attuale dell’oceano, trasformandolo da “pozzo” (assorbitore) di carbonio a “fonte” (emettitore) di carbonio.